Non oso dire la gioia

Immagine: Piemme

Vi sono libri che, pur narrando di vite altrui, reali o create per l’arte che siano, parlano direttamente anche a te. Raccontano di intrecci di pensieri e sentimenti che, in misura e in contesti diversi, si sono vissuti e sono trascorsi insieme al nostro passato, a sprazzi di passato comune a molti. Eppure, il dono dello scrittore è quello di riuscire a dispiegare dinanzi agli occhi dell’ignoto lettore quei momenti, quelle dinamiche, quell’aggrovigliarsi di sensazioni ed esperienze. Le rivela e te le fa riconoscere, anche comprendere per quello che sono state. E in un certo senso riesce a farti far pace con questioni che, proprio mentre le riconosci e riesci a dar loro nomi, capisci non erano probabilmente sopite del tutto nel tuo animo.

“Non oso dire la gioia” di Laura Imai Messina è uno di quei libri. Racconta del rapporto d’amicizia di due giovani, a Roma, delle loro esistenze piene di incertezze e di dolori mai raccontati o mai risolti in qualcosa che permetta loro di procedere davvero nella vita, riconoscendo errori e trovando il coraggio di affermare del tutto se stessi. E racconta di come per uno dei due arrivi la promessa di una vera gioia, nelle sembianze di una donna proveniente da un paese apparentemente lontanissimo, il Giappone. Anche la donna, tuttavia, cela in sé incertezze e ferite. Si aggiunge inoltre la storia di una sposa infelice, un’adulta che non è stata bambina e finge nella perfezione che si impone la tristezza per non essere mai stata amata, desiderando un figlio che non arriva come possibile unica ancora di salvezza.

La trama scorre avanti e indietro nel tempo, soffermandosi su episodi del passato e sul significato che essi porteranno a pesare per le vicende dei protagonisti. Di ognuno si seguono sensazioni, riflessioni e convinzioni. Di base il romanzo è percorso dal tema della gioia, stato dell’animo che viene indagato nelle sue tante sfaccettature. Non è sempre facile semplicemente abbandonarsi alla gioia: essa richiede coraggio e addirittura sacrificio. Richiede di lasciare indietro qualcosa, o qualcuno, per poter essere piena per chi la prova e per le persone che di tale gioia sono fonte. Sembra una contraddizione che la potrebbe rendere in qualche modo sempre imperfetta, ma fa parte della complessità del vivere e rapportarsi con gli altri. Essa può essere inoltre sempre insidiata da coloro che non accettano la gioia altrui e non riescono, in nessun modo, a rallegrarsene, chiusi nel proprio egoismo a cui danno il nome talvolta di presunto amore, talvolta di sofferenza ingiusta.

Nei rari momenti di lucidità, quando l’intelligenza supera l’ansia, Jean si domanda come mai la gioia altrui sia sempre così complicata da gestire. Anche quando si viene invitati a parteciparvi, il sospetto e l’invidia rovinano tutto. E’ perché in fondo non si crede veramente di poterne fare parte, che ciò che non abbiamo generato non possa appartenerci.

Laura Imai Messina, “Non oso dire la gioia”, Piemme, pag. 164

E’ un romanzo che parla inoltre di famiglia, di come dovrebbe essere luogo per eccellenza dell’amore e della gioia, il primo in cui si imparano entrambe, e di come le distorsioni, dovute alle fragilità umane, del modo in cui questi splendidi e vitali sentimenti debbano essere intesi portino inevitabilmente a conseguenze e difficoltà nel proprio percorso.

Non voglio raccontare molto della trama, in quanto la bellezza di questo romanzo consiste anche nell’intreccio intelligente e mai banale. Le parole sono curatissime, ogni frase centellinata per esprimere chiaramente dei veri e propri ritratti di sentimenti, di luoghi che non sono solo sfondi ma compenetrano i personaggi e il loro scoprirsi. Leggerlo è un vero piacere. Mi sono commossa in più punti, in molti altri mi sono ritrovata, sentendo quella particolare sensazione che ti fa comprendere improvvisamente in cosa potresti esserti imbattuto in passato, e in cosa talvolta si rischia di perdersi, seguendo il filo di propri difetti mascherati da altro di cui si cerca di convincersi, per assolversi o per non rischiare troppo.

L’autrice, Laura Imai Messina, vive a Tokyo, dove è ricercatrice di letterature comparate e insegnante di lingua italiana, con il marito giapponese e i due figli. Molti la conosceranno per il suo blog Giappone Mon Amour, dove racconta della sua vita quotidiana con garbo e grande capacità di cogliere la meraviglia di ogni istante. Questo è il suo secondo romanzo, dopo “Tokyo Orizzontale”, altro libro che ho letto qualche tempo fa e che, come questo, mi ha lasciato molte immagini e riflessioni declinate al personale circa i moti dell’animo dei protagonisti. Non posso che consigliare caldamente la lettura di entrambi.