Irasshaimase!

Tarda sera a Tokyo, nel quartiere di Meguro. Siamo appena riusciti ad arrivare dopo un viaggio un po’ difficoltoso dall’aeroporto di Narita, per via del tifone che ha fatto accumulare diversi ritardi ai treni. Nonostante la stanchezza e lo stordimento per questa primissima esperienza in cui tutto è nuovo, usciamo per prendere qualcosa da mangiare. Davanti all’albergo c’è un konbini, uno di quei supermercatini presenti ovunque ed aperti 24 ore su 24, dove si può trovare praticamente di tutto. Non appena entriamo, oltre la porta a vetri, veniamo accolti da un “Irasshaimase!”. E’ la prima volta e non sappiamo cosa voglia dire, sorridiamo al commesso dietro al bancone, un ragazzo piuttosto giovane. E’ un tormento dover scegliere qualcosa, tra le file di cibarie e bevande in confezioni graziose e coloratissime, disposte ordinatamente sugli scaffali e nei frigoriferi. Vorremmo prendere tutto. Una volta scelto, ci dirigiamo alla cassa. Il commesso passa gli articoli sullo scanner, li sistema nel sacchetto di plastica, quindi ci mostra sul display della cassa il totale. Porgiamo la banconota e il ragazzo inizia una tiritera per noi incomprensibile, tanto che crediamo ci sia qualcosa che non va nella banconota che tiene tra le mani. Invece, dopo averla riposta nella cassa, ci porge altre banconote, sempre dicendo qualcosa e sfogliandocele davanti, poi ci porge le monete. Infine, ci ringrazia e ci saluta, anche se del suo “Arigatou gozaimasu” intendiamo solo le ultime sillabe, che suonano come un lungo “saimasssss”. Una volta in albergo, vediamo che nel sacchetto sono state messe anche le bacchette, delle cannucce per entrambi, i tovaglioli e persino delle salviette umide per pulire le mani.

Era la prima volta e tutto era una novità. Ogni gesto, che poi nei viaggi successivi sarebbe diventato confortante consuetudine, era per noi strano e quasi commovente. In ogni locale o negozio, non appena si entra, si viene accolti da un “Irasshaimase” o il meno formale “Irasshai!”, un’espressione che potrebbe significare appunto, “Benvenuto”, o “Entri!”. Ci sono dei locali in cui facciamo sempre una puntatina quando andiamo in Giappone, appartenenti ad una catena, dove si mangia ramen, nei quali non appeni entri tutti i cuochi che se ne stanno dietro al bancone attorno al quale ci si siede a consumare ti accolgono entusiasti urlandoti tale espressione. Giuro che la prima volta che ci sono stata credevo ci stessero strillando dietro per cacciarci. La cosa divertente è che anche quando ti alzi per uscire ti urlano tutti in coro “Arigatou gozaimasu”. Ogni volta questo rituale mi fa ridere tantissimo.

Altra cosa a cui tuttavia non riesco a fare l’abitudine è il fatto che i commessi o i camerieri non si aspettino di essere ringraziati per il servizio. Io sono un tipo che ringrazia mille volte per ogni cosa, ma a quanto pare in Giappone non ci si aspetta affatto che il cliente ringrazi o anche solo saluti quando entra nel negozio o nel locale. Qualche volta di fronte ai miei primi “Arigatou” o “Thank you” mi sono trovata di fronte ad espressioni un po’ perplesse o sogghigni da benevola presa in giro trattenuta. Ora risolvo semplicemente con dei grandi sorrisi, che sono un linguaggio universale. E comunque saluto sempre, anche se non ci si aspetta risposta di fronte ad un “Irrasshaimase”.

Per quanto riguarda la misteriosa cantilena dei commessi quando ricevono i soldi, abbiamo scoperto ben presto che, quando porgi loro i soldi, enunciano quanto gli stai dando, quindi prendono il resto e te lo contano davanti, a voce alta. Poi, talvolta, parlando dei konbini, ti mostrano lo scontrino indicandoti una cassettina appesa sul mobile davanti alla cassa. E’ il posto dove lasciare lo scontrino se non hai bisogno di conservarlo per qualche motivo. Inoltre, se hai acquistato qualche alcolico, ti indicano un touch-screen dove devi premere l’opzione che conferma la tua maggiore età (ovvero 20 anni). Tutti gesti che possono lasciare un pochino smarriti le prime volte, ma che poi acquistano famigliarità.

Insomma, quando andrete in Giappone e vi sentirete urlare o mormorare da un commesso o da un cuoco “Irasshai!”, non preoccupatevi, vi sta solo accogliendo.