Alla ricerca di Minamoto no Yoritomo

Durante il nostro primo viaggio in Giappone, nel 2013, visitiamo la città di Kamakura. Mio marito sa che lì riposa da qualche parte Minamoto no Yoritomo, primo shogun del Giappone, che nel 1192 fondò il primo Bakufu (governo militare) della storia di questo paese. Un luogo imperdibile per un appassionato di storia giapponese. Trattandosi di un tour organizzato, ci sono delle tappe prestabilite, e la tomba di questo personaggio storico non è contemplata, essendoci molto altro di più popolare da vedere nei dintorni. Tuttavia, c’è la possibilità di distaccarsi dal gruppo, concordando poi un orario e un posto in cui ritrovarsi, quindi ne approfittiamo e, poco dopo la visita al bellissimo Tsurugaoka Hachiman, il santuario shintoista più importante di Kamakura, cominciamo la ricerca della tomba di Minamoto no Yoritomo.

Sappiamo che deve trovarsi non molto lontano dal santuario, ma capire dove dirigersi risulta piuttosto arduo. Durante questo nostro primo viaggio, inoltre, non abbiamo noleggiato il dispositivo wi-fi portatile per poterci far guidare da una qualche mappa on-line. Iniziamo dagli immediati dintorni, dove vi sono numerosi santuari minori, ma nessuno di questi è il posto giusto. Ci troviamo in un piccolo santuario nascosto tra la vegetazione, dove una ragazza sta pregando: attendiamo che finisca il suo momento di raccoglimento e le chiediamo cosa sia quel luogo: lei, imbarazzata e in un inglese un po’ incerto, ci risponde che è un luogo dedicato alle volpi. Niente Yoritomo.

Raccogliendo qualche informazione qua e là, ci troviamo ad allontanarci dal grande santuario affollato: passiamo davanti a un edificio in legno scuro dal quale tanti bambini stanno uscendo, facendo un po’ di chiasso, e vediamo una sorta di sorvegliante in divisa blu, un signore paffuto, che sta prestando attenzione allo sciamare dei piccoli. Chiediamo a lui, e questi con l’espressione un po’ stupita per la richiesta, ci indica di proseguire. Davanti a noi c’è un quartiere residenziale, con piccole case basse, ognuna con il suo giardinetto, e tranquille strade asfaltate. Continuiamo il cammino, certi di stare andando a finire chissà dove e di perderci: finalmente un segnale indica la tomba di Minamoto no Yoritomo. Passiamo davanti ad una scuola: dei ragazzi stanno allenandosi per il baseball nel cortile, mentre un ragazzo e una ragazza se ne stanno nascosti dietro una sorta di casetta per gli attrezzi, vicino alla rete accanto alla quale stiamo passando, e chiacchierano intenti.

Ancora qualche passo, e la strada ci porta verso una collina. Oltrepassiamo una vecchietta con un cappello di paglia, dal volto scolpito di rughe, che in piedi sul ciglio della strada se ne sta accanto ad un furgoncino con delle cassette di frutta e verdura, e ci fa un cenno quando passiamo. Ai piedi della collina, finalmente, vediamo una scalinata che sale. Alla nostra sinistra, un piccolo santuario, dove volpi color grigio ferro sorvegliano oltre il torii di pietra un edificio in legno con la porta sbarrata, dall’aria abbandonata. Un cartello alla nostra destra spiega la storia del primo shogun e della sua famiglia.

Tutto è silenzio, nessuno intorno. Saliamo i gradini che portano sulla collina, oltrepassando un altro torii di pietra. Ed ecco la tomba, delimitata da un recinto in pietra con l’ingresso aperto. Vi sono dei fiori colorati sui vasi che la adornano, e il mon (stemma) del clan dei Minamoto. Una nicchia sotto la tomba è occupata da dei bastoncini di incenso consumati. Tutto intorno, gli alberi e il profondo silenzio interrotto solo dal rumore degli insetti e dal gracchiare di qualche corvo. Nessuno in giro, a parte noi, che ce ne stiamo lì incantati dal luogo e riverenti, pensando a quest’uomo, vissuto così tanto tempo fa, che iniziò in qualche modo a dare forma al Giappone storico che ci è più famigliare, con il primo shogunato, quello di Kamakura. Ci domandiamo come mai questo luogo abbia quest’aria curata ma allo stesso tempo un po’ abbandonata, e come sia possibile che non ci sia nemmeno un visitatore, visto che a poca distanza ci sono tantissime persone in visita al santuario Hachimangu.

Restiamo lì per un po’, quindi torniamo sui nostri passi, dovendo ricongiungerci con il nostro gruppo presso il Grande Buddha entro una certa ora. Non appena finiamo di scendere i gradini che ci riportano nel quartiere residenziale, notiamo un signore di mezza età, in giacca e cravatta, che attende poco lontano dalla scalinata, con aria tranquilla e seria, e sale non appena ci allontaniamo. Sembra che stia andando a sincerarsi che sia tutto a posto, dopo la nostra visita. Un custode autoproclamato, forse. La tomba di Yoritomo è tutt’altro che dimenticata ed abbandonata.

Mentre ritorniamo verso il centro, camminando tra le case, una ragazza che abbiamo appena oltrepassato mi chiama, accorata: mi volto e vedo che mi porge la cintura del mio cappotto, che devo aver perso pochi passi prima. E io che pensavo già di aver fatto qualcosa di sbagliato.

Ripassiamo davanti al sorvegliante paffuto e lo salutiamo, lui ci guarda con aria interrogativa, ci dice qualcosa e in qualche modo capiamo che ci ha chiesto se siamo riusciti a trovare la tomba. Di fronte alle nostre espressioni soddisfatte a al nostro assenso, ci fa grandi sorrisi entusiasti. E in qualche modo, sembra quasi che il nostro voler rendere omaggio ad un personaggio storico, forse trascurato dalla maggior parte dei turisti, l’abbia reso orgoglioso.