Un’estate di Yokai

Dopo aver trascorso l’estate alla scoperta degli Yokai che voi, settimana dopo settimana, avete scelto, ecco un articolo che riunisce tutti gli otto protagonisti e i post sulla pagina che li hanno accompagnati. Un modo per vederli tutti insieme, per rileggere o per recuperare se vi siete persi qualcosa!

TENGU

“Quando ero piccolo, ero convinto che nelle montagne più impervie vivessero i Tengu. Ancor oggi, quando ci si reca a Takaoyama e si osserva la scultura del Tengu, ci si convince sempre più che questi non siano altro che lo spirito della montagna che si è materializzato e che quindi la foresta sia il suo habitat ideale. Inoltre possiede poteri occulti e sovrannaturali, e nel panorama delle creature mitologiche viene considerato un valoroso combattente”

Shigeru Mizuki “Enciclopedia dei mostri giapponesi”, 2009, Kappa Edizioni, p. 410

Esistono diverse tipologie di Tengu.
Una delle due, più simile ai volatili, comprende il cosiddetto Karasu-Tengu (Tengu corvo), il Kotengu, e il Konohatengu. Come suggerisce il nome, questo tipo di Tengu ha sembianze di corvo, con volto simile a un cane (pur avendo il becco) e grandi ali. E’ una creatura che vive tra le montagne, molto territoriale e propensa ad attaccare. Astuto e pericoloso, può cambiare forma (spesso indossa le vesti di monaco buddhista) ed è dotato di enorme forza. Amerebbe causare problemi agli esseri umani e la tradizione gli attribuisce talvolta la colpa di aver provocato disastri naturali o pestilenze. Viene tuttavia ritenuto anche un abilissimo combattente, e si dice che molti leggendari uomini d’arme abbiano appreso le loro abilità proprio da simili creature. Questi Tengu gerarchicamente si trovano sotto ad un’altra tipologia di Tengu: gli Hanadaka-Tengu, e soprattutto i Daitengu.

La seconda tipologia di Yokai è quella dei cosidetti Hanadaka-Tengu (Tengu dal naso lungo)L’Hanadaka Tengu è contraddistinto dal lunghissimo naso, la pelle rosso acceso e le maestose ali. Indossa talvolta i caratteristici geta con un unico sostegno. Nell’aspetto ricorda uno yamabushi, ovvero un asceta praticante dello Shugendo. Abilissimo spadaccino, è in grado di mutare forma e di provocare un forte vento grazie ad un ventaglio a forma di foglia. Avrebbe inoltre capacità di teletrasporto e di telepatia. I più potenti tra gli Hanadaka-Tengu vengono chiamati O-Tengu e vengono considerati quasi dei kami. Sono inoltre i capi dei vari clan in cui i Tengu sarebbero suddivisi. Tradizione vuole che l’Hanadaka-Tengu ami dimostrare le proprie abilità, e se ne vanti spesso e volentieri. Si tratta tuttavia di creature molto equilibrate ed amanti della disciplina, che rifuggono la violenza insensata, preferendole magari qualche scherzo fastidioso al malcapitato di turno, soprattutto per insegnare qualcosa a chi si dimostra troppo sbruffone.

Si dice che i Tengu talvolta ammettano alcuni esseri umani alla loro presenza, insegnando loro i segreti delle loro abilità marziali. Molti leggendari eroi sarebbero stati istruiti proprio dai Tengu. Tra questi, il più famoso è sicuramente Minamoto no Yoshitsune. Si dice che, quando ancora era soltanto un ragazzo, con il nome di bambino Ushiwaka-maru, venne addestrato da Sōjōbō, il Daitengu del monte Kurama, nei pressi di Kyoto. L’addestramento di Ushiwaka-maru con i Tengu è un tema ricorrente nelle opere d’arte giapponesi.

KITSUNE

“Da bambino ho spesso sentito parlare di Kitsune no Yomeiri (corteo di nozze delle volpi) per definire quelle strane giornate in cui piove mentre splende il sole. Un anziano del paese mi disse, serio: – Quando piove mentre c’è il sole a Izumo (nella regione di Shimane) o a Hooki (nella regione di Tottori), significa che le volpi stanno facendo uno dei loro cortei di nozze segreti -. Quando accadeva, smettevo di giocare e me ne restavo da qualche parte a immaginare come potesse essere il corteo di nozze delle volpi che si stava svolgendo proprio in quell’istante”

Shigeru Mizuki, Enciclopedia dei Mostri Giapponesi, 2009, Kappa Edizioni, p. 213

Forse il più famoso tra gli Yokai, con il termine Kitsune propriamente si intende la volpe. Tuttavia, questo animale comune nelle foreste e nelle campagne diviene nel folklore giapponese una tra le creature più affascinanti, protagonista di innumerevoli storie. Le kitsune, in particolare quelle di colore bianco, possono essere messaggere di Inari, la divinità del riso e delle coltivazioni i cui santuari si trovano ovunque nel paese. Ma le volpi sono anche animali che la tradizione ritiene estremamente longevi e dotati di innumerevoli risorse, come astuzia e strani poteri soprannaturali. Una kitsune particolarmente vecchia vede accrescersi il suo numero di code con l’avanzare degli anni, sino a poterne avere addirittura nove. In questo caso ci si troverebbe di fronte ad una kitsune davvero potente.

Le kitsune possono mutare forma, e spesso assumono forma umana per ingannare gli uomini. Per potersi trasformare devono porre sopra la propria testa delle foglie, o in alcuni casi dei teschi. Ma riuscirebbero anche a creare strani fuochi fatui, e a possedere un essere umano, facendolo impazzire o ammalare. Una delle forme preferite dalle kitsune, che permette loro di attuare i loro scopi al meglio, è quella di attraente fanciulla. In tale forma, la kitsune può sedurre gli uomini e prosciugarli delle loro forze, oppure spingerli a compiere delle azioni favorevoli alle sue trame. Il modo per poter smascherare una kitsune celata in una forma umana sarebbe quello di farle perdere il controllo, magari con dell’alcol, in modo che si distragga e dimentichi di nascondere la propria coda. Si dice anche che i cani siano in grado di distinguere un vero essere umano da una kitsune sotto mentite spoglie. Non sempre le kitsune si comportano in modo malvagio, quando assumono forma umana. Ci sarebbero kitsune che trascorrono gran parte della loro vita come spose fedeli e madri amorevoli, sino a che tuttavia la loro vera natura non viene scoperta e le costringe ad abbandonare le persone amate, provocando grandi tragedie.

Un fenomeno particolare che si dice causato dalle kitsune è il cosiddetto kitsunebi, o “fuoco di volpe”, molto simile ad un fuoco fatuo. Questi spettrali bagliori apparirebbero e svanirebbero senza spiegazione e talvolta ingannano i viandanti, facendo smarrire loro la strada. Circa queste sfere luminose vi sono tuttavia varie interpretazioni e varianti nel folklore, tra cui quella che si tratti del bagliore che accompagna la hoshi no tama (gioiello stella), una sorta di sfera che le kitsune porterebbero sempre con sé, sede del loro potere. Questa sfera gioiello si può vedere spesso nelle raffigurazioni delle volpi sacre a Inari, che la tengono tra le fauci. Vi è una famosa raffigurazione del fenomeno del kitsunebi, in una delle Cento Famose Vedute di Edo di Hiroshige: si tratta del raduno delle volpi ad Oji, nella notte di Omisoka, l’ultima notte dell’anno, durante la quale tutte le volpi del Kanto usavano radunarsi tutte sotto un albero di enoki per andare in visita al palazzo di Oji Inari.

BAKENEKO

Con il termine Bakeneko (gatto mostruoso) si indicano in generale i gatti che possiedono o acquisiscono dei poteri soprannaturali. La tipologia più famosa è quella del Nekomata, il gatto a due code. Si dice che un gatto particolarmente vecchio svilupperebbe tale caratteristica, insieme alla manifestazione di particolari poteri. I nekomata sarebbero inoltre in grado di parlare e solitamente camminerebbero sulle due zampe posteriori.

I Bakeneko, tra le caratteristiche che li farebbero riconoscere come tali, avrebbero delle dimensioni decisamente più grandi rispetto ad un gatto normale. Vi sono storie che narrano degli assalti di questi gatti mostruosi. Un gatto potrebbe trasformarsi in una simile creatura se vive in una casa per più di tre anni, o anche per estremo affetto nei confronti del padrone. Un Nekomata, oltre a saper parlare, poter sviluppare una seconda coda, avere abilità di mutaforma e di creare strane luci e danzare, avrebbe anche un’altra temuta abitudine: quella di controllare i morti, magari usandoli per vendicarsi dei torti subiti. Si teme anche che un gatto molto affezionato al padrone possa sottrarne il corpo, quando questi muore. Per questo vi sarebbe l’abitudine di non far allontanare da casa i gatti, se il padrone è defunto da poco, oppure di tenerli d’occhio durante un tale periodo.

L’olio utilizzato per tenere accese le lampade sarebbe irresistibile per i Bakeneko, che spesso e volentieri approfitterebbero per leccarlo. Questo segno che smaschererebbe un gatto mostruoso in realtà potrebbe derivare dalla reale abitudine dei gatti che un tempo leccavano l’olio dalle lampade in quanto esso poteva contenere grassi e proteine. Probabilmente la vista delle sagome dei gatti ritti sulle zampe posteriori per raggiungere le lampade deve aver contribuito alle leggende circa gli inquietanti nekomata che camminano come gli umani.

FUTAKUCHI ONNA

La Futakuchi Onna (donna con due bocche) è uno yokai di tipo particolare: la sua inquietante caratteristica principale infatti deriverebbe da una sfortunata casualità o da una sorta di maledizione che ad un certo punto colpisce la malcapitata. A quel punto il retro della testa della donna si aprirebbe in due sino a formare un’altra bocca perfettamente funzionante, la quale, se non viene nutrita, è in grado anche di imprecare e minacciare. Questa mostruosità viene di solito celata dai capelli della donna, i quali possono animarsi per provvedere ad afferrare il cibo e porgerlo alla seconda bocca.

Una delle storie più note circa la Futakuchi Onna racconta di un uomo molto avaro che incontrò una giovane, la quale mangiava pochissimo e lavorava sodo. Ritenendo fosse la sua compagna ideale, la sposò. Tuttavia, ben presto si accorse che le provviste si esaurivano ad una velocità inspiegabile, dato lo scarso o nullo appetito della moglie. Un giorno, anziché recarsi al lavoro, si nascose in casa per spiare cosa facesse la donna una volta rimasta sola. E fu allora che vide la giovane sciogliersi i capelli, rivelando la seconda bocca, la quale si cibava voracemente delle pietanze che i capelli le porgevano. Si dice che una donna possa mutarsi in una Futakuchi Onna se per troppo tempo trattiene la propria rabbia e le parole che vorrebbe dire, lasciando che la frustrazione prevalga. La seconda bocca di questo Yokai sarebbe infatti caratterizzata dall’incapacità di mentire, e parlerebbe al posto della persona che invece per troppo tempo si è trattenuta dall’esprimere quanto provava. Ovviamente senza far troppo caso alla situazione e all’opportunità di quanto dice.

La storia più inquietante riguardo questo Yokai narra di una donna che, sposatasi con un uomo rimasto vedovo, il quale aveva già un figlio, si comportò crudelmente con il figliastro, curandosi soltanto dei figli da lei partoriti. L’incuria della matrigna arrivò a causare la morte per denutrizione del bambino. Nel quarantanovesimo giorno dopo la morte del piccolo (ultimo giorno del tradizionale periodo di lutto), la donna venne accidentalmente colpita alla nuca dall’ascia di uno spaccalegna che si era presentato presso la sua casa per offrire i suoi servigi. La ferita non si rimarginava, e poco a poco cominciò a mutare, sino ad assumere l’aspetto di una bocca. La donna si accorse che il dolore provocatole da quella assurda ferita diminuiva se le dava del cibo, proprio come si trattasse di un’altra bocca. Ma un giorno la bocca iniziò anche a parlare. Pronunciava continuamente una frase: “Chiedimi perdono…”

GASHADOKURO

Il Gashadokuro, detto anche O-dokuro, è un mostro piuttosto raro, che si dice sia formato dal rancore accumulato dalle persone morte di morte violenta o di stenti, i cui cadaveri sono stati abbandonati o trattati in modo non dignitoso. Un Gashadokuro potrebbe sorgere da un campo di battaglia nel quale sono stati lasciati molti corpi di soldati ormai ridotti a scheletri, o dallo scheletro di una vittima di un qualche delitto dimenticato. Un Gashadokuro compare solo di notte, e la sua altezza può arrivare sino a 45 metri. Si muove sia sulle due gambe che su gambe e braccia. Può presentarsi in forma di unico scheletro gigante ma anche come scheletro composto da una miriade di scheletri umani. E la sua rabbia lo porta a ricercare gli esseri umani per aggredirli. Uno dei modi per scappare da un Gashadokuro sarebbe quello di nascondersi ed attendere l’alba, quando il mostro dovrebbe sparire.

La rappresentazione più famosa del Gashadokuro è sicuramente quella di Utagawa Kuniyoshi, “Mitsukuni sconfigge lo scheletro spettro invocato dalla strega Takiyasha”. Questa storia comincia con un signore di provincia, Taira-no-Masakado, ucciso dopo aver tentato un colpo di stato contro la corte imperiale. Il suo corpo venne fatto a pezzi ed esposto come monito, per un periodo piuttosto lungo, tanto che si dice la sua testa continuasse a vagare alla ricerca del resto del corpo. La figlia di Taira-no-Masakado, Takiyasha, cercando vendetta per il trattamento riservato al padre, si recò al santuario Kifune di Kyoto, pregando piena di rabbia. Il suo rancore, unito a quello del padre, la resero in grado di evocare uno scheletro gigante, che attaccò la corte imperiale. Lei e lo yokai evocato vennero sconfitti dall’eroe Mitsukuni, ufficiale dell’imperatore.

Ed ora un particolare interessante: il Gashadokuro così come lo conosciamo in realtà è uno yokai dall’origine molto recente, creato nella seconda metà del XX secolo da alcuni autori di riviste di manga per ragazzi, e ripreso da articoli ed illustrazioni comparse sempre negli anni ’60 e ’70. Shigeru Mizuki e Sato Aribumi poi lo resero famoso anche negli anni successivi, dopo averlo rappresentato basandosi sulla famosa opera di Utagawa Kuniyoshi, di cui abbiamo parlato poc’anzi. In realtà quello raffigurato da Kuniyoshi era uno spettro in forma di scheletro gigante, che non aveva a che fare con il Gashadokuro, ma da quando gli artisti dell’età contemporanea gli hanno associato un simile aspetto, questo mostro è divenuto iconico in tale forma.

Un Gashadokuro è apparentemente inarrestabile: per sfuggirgli non resta che aspettare si faccia giorno, o, secondo altre versioni, bisognerebbe fare come Taira-no-Kiyomori, che dinanzi all’O-dokuro non si perse d’animo e ricambiò gli sguardi fiammeggianti degli innumerevoli teschi che lo formavano, sino a che il mostro non si dissolse. In realtà leggende e storie circa scheletri umani dalle dimensioni enormi o conglomerati di scheletri alla ricerca di vittime per placare il proprio rancore, o semplicemente di scheletri abbandonati o dimenticati che agognano una degna sepoltura sono presenti sin dall’antichità. Il Gashadokuro a noi famigliare ha insomma alle spalle una lunga e variegata tradizione di suggestioni e versioni.

KARAKASA

Il Karakasa, detto anche Kasa-obake, è un mostro con le sembianze di ombrello tradizionale, dotato di un unico grande occhio e di una gamba con la quale si muove saltellando. Spesso ha anche una lunga lingua. Vi sono anche variazioni in cui questo yokai ha due braccia e due occhi, o viene rappresentato in forma semi-umanoide. Talvolta viene considerato una forma di tsukumogami, ovvero un oggetto di uso quotidiano che acquista poteri soprannaturali dopo essere divenuto vecchio di cento anni. Il Karakasa non sarebbe uno yokai estremamente pericoloso. Il suo modo di divertirsi consisterebbe nel sorprendere gli ignari passanti animandosi improvvisamente e schiamazzando, in modo da terrorizzare la vittima di turno. 

Questo yokai, per il suo aspetto stravagante e il suo essere sostanzialmente innocuo, gode della fama di mostro “buono”, ed è sempre stato molto amato, anche se cominciò ad essere più conosciuto dal periodo Edo in poi. Nell’epoca contemporanea è spesso presente nei manga e nei racconti per ragazzi, oltre che comparire in film sui mostri e in numerose illustrazioni e riproduzioni, tanto da essere divenuto forse lo yokai più iconico e conosciuto. Vi sono, come dicevamo, diverse versioni di questo yokai, alcune umanoidi, altre che presentano due braccia, e anche quella, più rara, con due gambe. Talvolta le storie che riguardando il karakasa, yokai per il quale sembrano non esservi precise fonti scritte ma prevalentemente orali o artistiche, si mescolano a quelle circa altri tipi di creature, più vicine agli spiriti, come lo yureigasa, un ombrello fantasma che nei giorni di forte vento farebbe volar via la vittima di turno.

NOPPERABO

Il Nopperabo, chiamato anche Zunberabo, è uno yokai in cui sarebbe abbastanza comune imbattersi. Ha l’apparenza di un normale essere umano, se non fosse che il volto è completamente privo di lineamenti. In alcune versioni questo yokai è privo solo degli occhi e del naso, mentre in altre avrebbe l’intera testa completamente liscia come un uovo. Gli incontri con il Nopperabo si verificano prevalentemente di notte. Lo yokai si avvicina alla vittima di turno sino a che questa non si accorge di avere davanti una creatura senza volto. Talvolta il Nopperabo crea l’illusione temporanea di una faccia in modo da far avvicinare ancora di più il malcapitato e sorprenderlo rivelando poi il suo vero aspetto. Non sempre il Nopperabo è uno yokai solitario: vi sono storie in cui un Nopperabo spaventa il passante di turno, il quale solitamente fugge terrorizzato sino ad incontrare qualcuno che lo tranquillizza, e a cui racconta dello strano essere appena incontrato…e a questo punto la persona comprensiva si rivela essere un altro Nopperabo.

Il Nopperabo viene spesso accostato ad un’altra creatura, il mujina, che tuttavia sarebbe un piccolo tasso. Qual è il motivo di tale paragone? È dovuto ad un racconto di Lafcadio Hearn, intitolato appunto “Mujina”, che fa parte della sua opera più famosa, Kwaidan. Tale racconto è basato sulle storie circa il Nopperabo, e la popolarità dell’opera di Hearn ha finito per rendere similari nell’immaginario il mujina e il Nopperabo. Si sospetta talvolta che tale creatura possa essere in realtà un tanuki o una kitsune in vena di scherzi che ha assunto forma umana…ma non del tutto.

KUCHISAKE ONNA

“Mi trovi bella?” Con queste parole una donna all’apparenza normalissima, che indossa, come fanno molte persone raffreddate in Giappone, una mascherina chirurgica, si avvicina alla vittima di turno. Se il malcapitato risponde “Sì”, la donna si toglie la mascherina, rivelando una bocca irta di zanne, aperta da orecchio a orecchio. “Anche così?” chiederà quindi. Approfitterà poi dello shock per deturpare il volto di chi le sta di fronte, con delle cesoie, un machete o un coltello. Se la vittima risponde “No”, poco importa. Lei colpirà comunque. Il poveretto si è imbattuto nella Kuchisake-onna.

La Kuchisake-onna (donna dalla bocca spaccata) è uno Yokai dell’età moderna, la cui storia si è diffusa come leggenda metropolitana sino a farla divenire di diritto parte dell’immaginario orrorifico giapponese. Vi sono diverse versioni dei suoi modi di agire e delle circostanze che l’avrebbero resa un mostro. Chi racconta di un intervento estetico finito malissimo, chi di una sorella gelosa del suo bel viso. La sua leggenda è stata diffusa soprattutto dai ragazzi in età scolare: le apparizioni di tale yokai infatti avverrebbero non solo di notte, ma anche nel tardo pomeriggio, momento in cui gli studenti stanno ritornando a casa. Secondo le testimonianze di chi l’avrebbe vista, la Kuchisake-onna è in grado di correre ad una velocità incredibile, tanto da riuscire a star dietro anche ai veicoli a motore. A poco servirebbe quindi scappare. Vi sono però altri metodi per evitare il peggio: questo yokai sarebbe ghiotto di bekko-ame, un tipo di caramella giapponese, e quindi si potrebbe distrarla con tali dolciumi durante un inseguimento. Inoltre, sarebbe disgustata dall’odore della brillantina per capelli, tanto che il solo pronunciare per tre volte il nome di questo prodotto basterebbe ad allontanarla.

Nonostante le testimonianze e le voci circa gli avvistamenti di questo yokai abbiano iniziato a circolare con frequenza dalla fine degli anni Settanta, vi sono racconti di donne dotate di una bocca enorme, da orecchio a orecchio, che risalgono anche ad epoche più remote.
La Kuchisake-onna è un esempio perfetto di come l’immaginario si rinnovi continuamente, adattandosi ai tempi e ai nuovi tipi di paura, mantenendo diversi elementi parte di una tradizione. È una creatura, nata dalle voci dei ragazzini che ne hanno fatto leggenda metropolitana, che ci lascia sperare ci saranno sempre nuove storie di yokai da raccontare.