Quando tutto cambia

Fuori c’è il sole, il cielo è di un azzurro perfetto. Le tortore continuano a fare il loro verso carezzevole.

Manca poco meno di una settimana a primavera, e quando, con una tazza di tè in mano, apro la ribalta della finestra del cucinino, sento quel lieve profumo di foglie tenere e fiori che da sempre me la preannuncia. E’ la solita domenica tranquilla, che inizia con un mattino in cui si pensa cosa fare durante la giornata. Magari andiamo a pranzo dai miei, mi dico, dopo aver fatto una passeggiata e preso un caffè al bar, approfittando per una seconda colazione e una brioche. Uffa, avremo anche un po’ di bucato da fare, la roba che si è accumulata durante la settimana. E dovremmo pulire casa, ma chi ne ha voglia, dopo una settimana di lavoro si vorrebbe anche rilassarsi. Magari me ne resto tutto il giorno in pigiama, senza far niente, a leggere e guardare una serie televisiva. Anche se con una giornata così bella è quasi un peccato non uscire. E poi stasera esco a mangiare, una pizza o del sushi, vediamo. E domani è di nuovo lunedì, mi sembra stia già volando questo weekend. Che due scatole.

Poi, l’improvviso piccolo lampo nel cervello. Non è la solita domenica. Non si può uscire, se non per necessità. Le strade sono vuote, tranne che per qualcuno che passa, di tanto in tanto, con il cane. Se tendo le orecchie non sento il solito fruscio delle auto che passano, più in là, sulla strada principale alla fine della mia via. Domani non andrò in ufficio, aprirò il mio computer sul tavolo di casa, ringraziando di poter avere la possibilità dello smart working.

Siamo alle prese con una pandemia. Una parola che fa paura, che evoca scenari da film catastrofici, non certo qualcosa che credi possa divenire parte della tua vita quotidiana. Non è reale, è tutto finto, si pensa da bambini quando si vede o si ascolta qualcosa che fa paura, un film dell’orrore che hai sbirciato preso dalla curiosità o una storia che volevi non proseguisse, ma che al tempo stesso non riuscivi a smettere di ascoltare.

Ripensi ai numeri, a quelle cifre che sono persone. Sei rimasto ai totali della sera precedente, temi quanto saranno cresciuti nel frattempo. Preghi che tutti quelli che ami stiano bene. Poi inspiri, cominci la giornata. Si va avanti, si è qui, nonostante tutto sia cambiato.

E’ strano restare in casa non per scelta, ma per necessità, per dovere civico. Per proteggersi e per proteggere. E’ un sacrificio collettivo che proprio per il suo essere di tutti ti pesa meno, anche se i momenti di sconforto arrivano eccome, per il timore dell’ignoto, quale un virus per cui ancora non ci sono cure o vaccini, e contro il quale l’unica arma che abbiamo è l’isolamento. Pensi al tuo essere solitamente refrattario a baci e abbracci, e al fatto che quando tutto passerà, e si sarà di nuovo sicuri, vorrai stringere a te diverse persone. Chissà se riuscirai a farlo senza il timore che hai imparato ad instaurarti in queste settimane. Pensi a quanto dessi per scontate tantissime cose, al fatto che ti concentrassi su sciocchezze per rovinarti l’umore per intere giornate. Addirittura cominciavi ad ammantare della banalità della routine cose che ora ti sembrano enormi privilegi.

E’ cambiato tutto. Ora ci sarà un prima e un dopo la pandemia. Tutti ricorderemo questi giorni di sgomento, di dolore, ma anche di forza, di tentativi di sdrammatizzare con un sorriso. Impareremo forse a dare il giusto valore alle cose, a rispettare coloro che in contesti mai visti prima come questi devono andare oltre la paura per sé e per i propri cari e combattere in prima linea per tutti quanti. Questa situazione resterà nel paesaggio interiore di ognuno di noi. Per ognuno assumerà tonalità diverse, perché in modo diverso sarà vissuta. Eppure, è una di quelle esperienze comuni, epocali, che non potranno più essere dimenticate. Dalle quali si impareranno cose molto importanti, di cui poi ognuno potrà fare l’uso che vorrà, quando i giorni torneranno a scorrere nella normalità.

Noi non saremo più gli stessi, dopo. Io mi auguro si riesca ad essere migliori, ad apprezzare maggiormente ogni piccolo aspetto della vita, a considerarlo un dono.